Guardarlo parlare, leggerlo, incontrarlo: è quasi impossibile rimanere indifferenti a don Luigi Giussani. Che lo si ami o no, che lo si conosca o non si abbia in testa che poche e confuse idee, c’è sempre una corda del cuore che vibra quando si incrocia lo sguardo del fondatore di Comunione e Liberazione.
“Dalla mia vita alla vostra” – la mostra allestita a Roma a Palazzo Valentini dall’11 al 19 aprile a ingresso libero dalle 10 alle 19 a cura degli amici del Banco di solidarietà l’Armonia – vuole essere l’occasione di un incontro con il vigoroso e appassionato sacerdote brianzolo che, agli inizi degli anni ’50, ha lasciato l’insegnamento della teologia nel seminario di Venegono quando si è accorto che il cristianesimo, nella società e sopratutto nei giovani italiani, non c’entrava più niente con la vita.
Quella reale, quella fatta di desideri, passioni, successi e delusioni.
Da insegnante di religione nel Liceo Berchet di Milano – dove studiavano i rampolli dell’intellighenzia meneghina – don Giussani ha cominciato a sfidare il cuore e la ragione dei suoi studenti, a dare loro i criteri per giudicare non appena il cristianesimo, ma la realtà intera.
In pochi anni, tra le incomprensioni e le difficoltà che tutti i profeti incontrano sul cammino, è diventato padre e maestro di migliaia di persone, guida di un movimento che oggi – a dieci anni dalla sua morte – è presente in 90 Paesi del mondo.
“Non solo non ho mai inteso fondare niente – ha scritto nel 2004 don Giussani a Giovanni Paolo II in occasione del 50esimo anniversario della nascita di CL – ma ritengo che il genio del movimento che ho visto nascere sia di aver sentito l’urgenza di proclamare la necessità di ritornare agli aspetti elementari del cristianesimo, vale a dire la passione del fatto cristiano come tale nei suoi elementi originali e basta.”
Forse la sintesi più bella e commovente del fuoco che ardeva nel cuore di don Giussani , capace di affascinare migliaia di persone, rimane quella fatta dal cardinale Joseph Ratzinger, nell’omelia pronunciata interamente a braccio ai suoi funerali, nel Duomo di Milano, nel febbraio del 2005.
“Don Giussani era cresciuto in una casa povera di pane, ma ricca di musica, e così sin dall’inizio era toccato, anzi ferito, dal desiderio della bellezza, non si accontentava di una bellezza qualunque, di una bellezza banale: cercava la Bellezza stessa, la Bellezza infinita; così ha trovato Cristo, in Cristo la vera bellezza, la strada della vita, la vera gioia. “
